Casa Caponi è una pizzeria|ristorante. E l’idea di Casa è stata una delle fonti di ispirazione del progetto, che ha trovato riscontro anche nella tipologia dell’immobile: nove locali al piano rialzato di una palazzina di fine ‘800 in muratura portante di scheggioni di pietra lavica (siamo ai piedi del Vesuvio) con giardino e con una piccola ma graziosa cantina. La disposizione planimetrica degli ambienti interni – i nove locali sono inseriti una pianta pressocchè quadrata – il doppio accesso sia dall’androne che dal corso principale della cittadina vesuviana hanno consentito anche di disporre le varie funzioni interne rispettando le normative in materia.
Gli input della committenza erano: lasciare il sapore di ‘casa’ e contenere il budget.
Oltre ai vincoli imposti dalla normativa sia urbanistica che ambientale, e a quelli legati al risanamento dei locali (taluni molto umidi), ci si è autoimposti il rispetto della struttura muraria in pietra lavica e il recupero di tutti quei materiali, anche poveri, come traccia della storia dell’immobile e della cultura locale.
Il budget limitato è l’altro elemento che ha fortemente stimolato la creatività. Per cui il primo impegno è stato quello di selezionare tutto ciò che poteva rimanere anche in funzione degli impegnativi lavori impiantistici a farsi.
Sono state recuperate tutte le parti centrali delle pavimentazioni delle stanze, utilizzando i perimetri di queste per il passaggio dei cavi e delle tubazioni impiantistiche. Sulle volte e sulle pareti è stato eseguito solamente un trattamento di pulizia e di protettivo antispolvero e le montanti verticali degli impianti sono stati appoggiati sulle pareti per evitare tracce sulle murature portanti, difficili a realizzarsi e anche pericolose per la struttura. Tutto questo ed anche la presenza di umidità sulle pareti, ha ispirato il motivo conduttore del progetto che gioca su un sistema di contro-pareti in multistrato marino di betulla e cartongesso.
Questo sistema contorna le porte e le finestre restaurate, i vani di passaggio, a tratti lascia intravedere le vecchie e scolorite pitture e incornicia i fogli di un vecchio quaderno con le frasi celebri dei due fratelli che danno nome al locale. La sala pizzeria-ingresso è caratterizzata, oltre che dagli stessi elementi che rappresentano il trait-d’union del progetto, dalla presenza del forno, letteralmente avvolto da un sinuoso foglio sospeso che si prolunga anche sul laterale piano di servizio, sul quale poggia una lamiera microforata che traccia un profilo del vulcano. Altro elemento di rilievo sono le lampade in ferro legno e vetro realizzate su disegno che da applique si trasformano in lanterne in prossimità delle finestre diventando, sulla strada, un segnale del nuovo locale.
I bagni fanno eccezione a questo sistema rigido con l’esplosione dei colori delle maioliche vietresi che rivestono, senza soluzione di continuità, pavimenti e pareti.
Il locale si espande anche all’esterno dove con lo stesso criterio sono stati recuperati il grazioso portale d’ingresso, le aiuole, i vialetti, le vecchie pavimentazioni, le quattro graziose panche curve in muratura con piano in marmo che conducono all’ampio spazio liberato dalle superfetazioni abusive che lo opprimevano e che ora accoglie tavoli e sedie. Lungo il vialetto interno, emerge un portone in legno incassato in un telaio in ferro, frutto della trasformazione di una finestra utilizzando elementi di recupero.
Infine nella cantina, un piccolo locale in pietra a vista, da fruire anche per degustazioni, troneggia un tavolo frutto anch’esso di un collage di materiali di recupero, sulla parete a confine con la strada, un portabottiglie realizzato con rete metallica per armature, in ferro grezzo, arreda e contiene la provvista dei vini. La pavimentazione in cemento e ghiaietta, l’illuminazione dal basso negli angoli a sottolineare le curve della volta a vela e i poggi recuperati con maioliche antiche di recupero, completano la semplice ma ricercata realizzazione.